sabato 12 giugno 2010
Alcuni compagni di Terni segnalano l'iniziativa della locale Questura (ma a quanto consta non è la sola, è accaduto anche a Brescia) di pervenire prossimamente alla comunicazione di “avvisi orali” nei confronti di alcuni di loro.
L'istituto viene giustamente tacciato di “fascismo” per la sua innegabile valenza intimidatoria. L'avviso orale ex art. 3, L. n. 1423/ 54 novellato è infatti nulla più che una minaccia ai sensi dell'art. 612 c.p. (“chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito...”) scriminata da una norma di legge che invece la consente.
In concreto si tratta di una comunicazione, sovente scritta (!), con la quale il questore invita (suggerisce, consiglia, cerca di indurre) qualcuno a cambiare condotta, sulla base di una valutazione discrezionale dell'ufficio, sempre però basata su “elementi di fatto”, concetto giuridico estremamente scivoloso (diciamo pure viscido) che può configurarsi anche semplicemente in una ordinaria informativa Digos.
Il TAR Trento (sentenza n° 316/ 04) ha chiarito che l'avviso orale deve essere sempre eseguito oralmente e personalmente da parte del Questore. L'atto non può quindi essere delegato, come spesso succede.
L'avviso orale – che ha sostituito la precedente diffida ( a sua volta introdotta dopo la declaratoria di incostituzionalità dei “tre porcellini” ammonizione, foglio di via e confino) mantenendone però tutte le caratteristiche fattuali onde consentirne da parte del Questore il medesimo utilizzo a scopo preventivo/repressivo – costituisce presupposto necessario per la successiva emanazione di misure di prevenzione (altro bell'istituto di democrazia diretta). Questo simpatico marchingegno giuridico (avviso orale+ misura di sicurezza+ reato per la sua eventuale violazione) ha ben poco da spartire con le garanzie costituzionali in tema di responsabilità penale, certezza della pena e diritto di difesa ma è del tutto coerente ad un ordinamento giuridico che riesce a salvare dall'eccezione di costituzionalità i Centri d'Internamento Temporaneo (salvo poi scandalizzarsi per le leggi ad personam...). Si tratta di un tipico istituto giuridico da Stato di Polizia.
Una recente sentenza del Tar Campania (Sez. V, 11 ottobre 2007 / 17 ottobre 2007, n. 9587 (Pres. est. Onorato) consente di esaminare l'istituto un po' più da vicino e nella sua pratica attuazione.
Afferma il Tribunale che “l' avviso orale a tenere una condotta conforme alla legge - che rappresenta, invero, la misura più tenue tra quelle previste dalla legge n. 1423/1956 e costituisce la condicio sine qua non per l'eventuale applicazione delle misure di cui alla stessa legge - ben può essere motivato con riferimento anche a semplici sospetti a carico del destinatario, purché basati su elementi di fatto che ne facciano ragionevolmente ritenere l'appartenenza ad una delle menzionate categorie ex art. 1 L. 1423/1956.
Infatti, presupposto per l'emanazione dell'avviso in questione non è l'esistenza, secondo quanto sopra precisato, di "specifiche prove" sulla commissione di reati, essendo sufficienti, appunto, anche meri sospetti sugli elementi di fatto che, secondo la regola della logica e della ragionevolezza, inducano la competente Amministrazione a ritenere la sussistenza di quelle condizioni di pericolosità sociale che possano dar luogo all'applicazione di misure di prevenzione.
In altri termini, circa l'applicabilità da parte del Questore dell'avviso orale previsto dall'art. 4 L. 1423/1956, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la commissione di specifici reati, essendo sufficiente che l'Autorità di polizia sospetti semplicemente della presenza di elementi tali da ritenere la configurabilità, nel soggetto destinatario dell'avviso, di una personalità propensa a seguire particolari comportamenti antigiuridici”.
Le categorie di soggetti nei confronti dei quali la legge consente l'avviso orale sono le seguenti:

- coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

- coloro, che per la condotta ed il tenore di vita, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
- coloro che, per il loro comportamento, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
A tali requisiti legali, ritenuti di per sé indice di pericolosità sociale meritevole di interesse preventivo da parte dei soggetti preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, la giurisprudenza ha poi aggiunto quello della attualità delle condotte (da ultimo vedasi Trib. Monza – sez. misure di prevenzione - 12.3.10, in www.camerapenalemonza.it).
L'uso dell'avviso orale nei confronti di militanti antagonisti (variamente inteso il concetto e comprensivo quindi di tutti coloro che manifestano contro il sistema economico/ sociale capitalista/neoliberista) risulta francamente abnorme (la pericolosità sociale è concetto strettamente correlato all'attività criminosa in senso stretto) e quindi tale da potersi considerare un abuso. L'abuso del questore, che è pubblico ufficiale, non è atto indifferente, bensì produttivo di responsabilità penale ai sensi dell'art. 323c.p. configurando il reato di abuso d'ufficio.
Se infatti l'avviso orale viene pronunciato nei confronti di qualcuno che: a) prima ipotesi: non possa ritenersi abitualmente dedito a traffici illeciti; b) seconda ipotesi: non risulti avere una condotta o un tenore di vita basato su proventi di attività delittuose; c) terza ipotesi: non tenga un comportamento che faccia ritenere esser dedito alla commissione di reati verso minorenni, sanità, sicurezza e tranquillità sociale, si è di fronte ad un uso distorto e strumentale dell'istituto.
E' infatti evidente come il legislatore abbia inteso tenere sotto controllo quegli ambiti in cui il delitto, inteso come condotta antisociale per eccellenza, si sostanzia in una serie di comportamenti esteriori (appunto condotte, comportamenti, tenore di vita) tali da mettere l'autorità di p.s. sull'avviso. Ma la militanza politico/ sindacale, quand'anche condotta con metodi energici, non potrà mai costituire ragione sufficiente a giustificare l'avviso orale in assenza di altri elementi di fatto attuali riconducibili alle ipotesi previste dalla norma. Pare francamente improbabile (e certamente deprecabile dovesse capitare) che la militanza antagonista sfoci o possa sfociare in traffici illeciti o consentire un tenore di vita in qualche modo basato su proventi da delitto. Più delicata invece la valutazione con riferimento alla terza ipotesi, volutamente più generica e fumosa. Potrebbe infatti comprendere qualunque tipo di reato in quanto la delimitazione normativa che fa riferimento al soggetto o al bene giuridico offeso (minori, sanità, sicurezza e tranquillità sociale) è molto ampia. In particolare, potendosi escludere i reati nei confronti dei minori e della sanità, sono i concetti di sicurezza e soprattutto di tranquillità pubblica a costituire indubbi rischi e possibili strade per abusi dell'avviso orale. E' infatti ovvio che l'attività politico/ sindacale certamente turbi la tranquillità sociale (anzi, ha proprio quello scopo sovente), si pensi allo sciopero ma anche alle altre forme di conflitto lecito (manifestazione, presidio, volantinaggio) ma anche illecito (affissioni abusive, sit in, blocchi stradali, scontri con le forze dell'ordine). Ma è altrettanto vero che tale turbamento, essendo connaturato all'attività stessa che è non solo ammessa ma tutelata e favorita dall'ordinamento e dalla Costituzione, non può certo essere considerata alla stregua di un qualunque delitto comune e comunque certamente non in uno stato che si reputa democratico. Rientra infatti (o dovrebbe rientrare) nella normalità di una democrazia partecipativa in cui le tensioni e le lotte sociali possono anche sfociare in episodi di forte tensione e scontro ma che non possono per ciò solo essere impediti con la repressione, tanto meno preventiva, dovendosi invece accettare anche i rischi della dialettica democratica comunque sempre preferibili ad ogni forma di Stato di Polizia.
Quanto alla sicurezza è invece indubbio che si tratti di un parametro di riferimento delle condotte dei cittadini che l'ordinamento ha il dovere di considerare, ma anche in questo caso l'eventuale pericolosità sociale per la sicurezza non potrà ricavarsi solo ed esclusivamente dalle condotte di militanza politico/ sindacale siano esse lecite ma anche illecite (chiaramente i comportamenti illeciti saranno perseguiti in quanto tali). La motivazione politico/ sindacale, purchè genuina e non strumentale alla commissione di altri delitti, nel nostro ordinamento costituzionale, è di per sé incompatibile con qualunque avviso dell'autorità di p.s. E' incompatibile essendo un diritto di libertà fondamentale. E' corretto quindi affermare che il questore non si può permettere (non ne ha l'autorità) di procedere ad avviso orale nei confronti di chi svolge attività politico/ sindacale in quanto l'ordinamento deve sempre far prevalere la tutela dei diritti, che sono individuali e collettivi, alla libertà e attività sindacale, alla parola e all'opinione, a manifestare e a criticare le istituzioni e le loro scelte. Qualunque avviso orale rivolto a soggetti che esercitano questi diritti è un abuso e come tale deve essere sempre denunciato e perseguito.
Altra cosa sono i singoli reati commessi nello svolgimento delle attività di militanza politico/ sindacale, che l'ordinamento persegue in quanto tali. Com'è noto esistono anche specifiche fattispecie associative fatte apposta per reprimere proprio l'attività politico/ sindacale svolta al di fuori dei limiti posti dalla legge penale che ricomprendono persino condotte singolarmente e normalmente lecite. Si tratta di delitti introdotti nel periodo fascista e sinora sempre salvati, con alcune inevitabili precisazioni per renderli meno indigesti, dalla Corte Costituzionale ma il cui utilizzo da parte delle procure è stato sinora abbastanza maldestro; ciò purtroppo non esclude che la loro esistenza costituisca un serio pericolo sociale (questo sì) per la libertà di svolgimento dell'attività politico/ sindacale e tanto più per il dissenso antagonista.
Alessio Ariotto, Retelegale Torino

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